Sono anzitutto cristiano con voi,
e sacerdote per voi, per parlare di Lui a voi e di voi a Lui Emilio Gandolfo

le nozze di Cana

Emilio ha benedetto tanti matrimoni e battezzato tanti neonati. Sviluppo naturale dei rapporti, degli affetti nati nella scuola, a Palermo come a Roma, e coltivati negli anni. Molti degli sposi che vediamo in queste foto sono suoi ex alunni. L’amicizia con un gran numero di coppie, prolungata nel tempo, spiega la profonda attenzione che Emilio rivolgeva alla vita coniugale e familiare. Vedeva il nucleo familiare come chiesa domestica, “granellino di senape”, ma era tutt’altro che indifferente agli aspetti e ai problemi quotidiani della vita familiare. E aveva su questo uno sguardo laico.

virgilio-nozze-04-full Sposarsi in chiesa? Emilio pone la domanda in una riflessione sul significato profondo della religione che non consiste — scrive in un articolo nel giugno del 1973 — nel ”sentirsi a posto”, ma nel ”sentirsi amati”. “Nessuno dev’esser costretto a credere, a entrare in chiesa, a sposarsi in chiesa, se non vuole”.

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«La chiesa è anzitutto ‘domestica’, perché dalla ‘casa’ riceve il suo primo incremento e ha in essa le sue radici più profonde. Il vostro fratello prete, che ha ricevuto un dono diverso – dice Emilio nell’omelia per le nozze di Cana del 1971 – nutre vivissima simpatia per voi che alle vostre nozze avete invitato il Cristo, il quale è per voi l’ospite più gradito, l’amico più desiderato». Non stupisce quindi che abbia dedicato all’amore e al matrimonio diversi libri: Il mistero dell’amore umano, Sales, Roma 1967; La strada della vita: testi biblici e patristici, testimonianze di contemporanei, esperienze e riflessioni di giovani coniugi su amore, matrimonio e famiglia, Studium Christi, Roma 1968; Testimoni dell’amore: il nuovo rito del matrimonio, Ave, Roma 1970; I giovani e l’amore. Una speranza per il futuro, Ave, Roma 1971.

Non era prete da prediche, Emilio, ma le rotture, certo, lo addoloravano. Seguiva le vicende delle coppie in crisi in silenzio e, se ne accennava, lo faceva col sorriso. «È un torto pensare che non ci sia più amore quando si scoprono i limiti del cuore, che sembrano destinati a soffocare la gioia – dice nell’omelia del 1971 – è bello, invece, ad ogni sintomo di crisi, aprire il cuore al Signore e dirgli insieme: “Non abbiamo più vino”; e non per rinunciare all’amore, ma per disporsi, in sincera umiltà e rinnovata fiducia, a un dono nuovo e a una gioia più matura. Certo, il ‘miracolo’ non avviene senza sofferenza».

Ogni anno, dopo l’Epifania, la domenica delle nozze di Cana era festa a villa Bassi. Un appuntamento da non mancare. Lo si aspettava, come le lettere a Pasqua e Natale. La cappella era gremita: giovani, piccoli e anziani, tutte le età; coppie sposate, con figli, genitori, nonni e parenti vari. Il momento atteso era quello dell’omelia. E dopo la Messa, si stava insieme a lungo, fino all’ora di pranzo e oltre. Emilio amava la gioia conviviale.

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Nel ’95 Emilio raccoglie, sotto il titolo Il primo dei segni, alcune delle omelie che aveva tenuto a villa Bassi in occasione delle Nozze di Cana, e le presenta «agli amici che seguo sempre più da vicino nel loro cammino» in un libretto che in copertina porta la rappresentazione del primo miracolo nell’antica porta lignea di Santa Sabina.

«Mi muove l’amore per ogni ‘casa’ in cui ravviso la ‘chiesa domestica’, germe fecondo della chiesa universale… e mi muove l’amore per l’intera umanità che non può più chiamarsi terra ‘abbandonata’, ma è terra ‘sposata’, dal momento che Dio nel suo immenso amore si è fatto uomo». Sono parole dell’omelia del 1985, in cui troviamo un riferimento esplicito alle lotte per la parità: «La liberazione della donna non è un processo di vendetta storica o di concorrenza fra i sessi, ma la riscoperta d’un mistero alla cui luce l’uomo scopre il suo vero essere». Non chiude gli occhi davanti alle crisi coniugali: «Non dimentico né rimango insensibile di fronte a non poche situazioni dolorose per le quali le parole “non hanno più vino” assumono un significato che riempie l’animo di profonda tristezza».

Anche nel 1993 pensa alle coppie in crisi: «Occorre attenzione all’altro, fino a dimenticare se stesso. L’attenzione all’altro e l’ascolto dell’altro, è la prima forma di amore. Le parole, anche se sincere, sono insufficienti. Occorre il silenzio. Soltanto dal silenzio nasce la parola autentica».

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Con la scena delle nozze di Cana nei mosaici di San Salvatore in Chora a Istanbul, Emilio presenta il suo libretto di auguri nel 1998 come “un mazzo di fiori colti nei campi”: “A Cana nasce la fede e con la fede nasce la Chiesa nella sua dimensione domestica. Donando il vino che allieta il cuore dell’uomo, Gesù rivela il suo amore nuziale per l’umanità… Nell’acqua mutata in vino al banchetto di Cana i Padri della Chiesa vedono la lettera dell’Antico Testamento che nel Nuovo diventa, per opera di Gesù, il vino letificante delle nozze messianiche

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