Sono anzitutto cristiano con voi,
e sacerdote per voi, per parlare di Lui a voi e di voi a Lui Emilio Gandolfo

sulle orme di Fratel Carlo

Charles de Foucauld non andò nel deserto per fuggire il mondo ma per meglio gridare con tutta la sua vita e con la sua morte l’amore con cui Dio ama tutti gli uomini, anche quelli che non lo conoscono, anche quelli che non credono al suo amore.
Emilio Gandolfo
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Nel 1988, nella collana delle guide, esce questo volume: Nel Sahara algerino. Sulle orme di Carlo de Foucauld. Non è un libro qualsiasi. Emilio ammirava, amava Fratel Carlo, “autentica icona di Cristo”: così gli piaceva dire del fondatore dei Piccoli Fratelli di Gesù.

Troviamo il nome di Fratel Carlo già in una pagina del diario del ’59: «Padre de Foucauld poteva scrivere verso la fine della vita: “Io non so se Gesù mi ama e non so se io lo amo”. E aggiungeva: “Egli non me lo dice mai: devo aggrapparmi alla fede”. E lo diceva nel momento stesso in cui era arrivato al vertice della sua intimità col Cristo, dove la conoscenza è più profonda e più forte attraverso l’amore».

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Emilio e i suoi compagni di viaggio davanti al fortino di Tamanresset
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È il novembre del 1978. Emilio ha 59 anni. È venuto in Algeria per andare sui luoghi di Charles de Foucauld, che aveva scelto il deserto del Sahara per la sua Fraternità.

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Il pellegrinaggio lo porta fra i Tuareg. È con loro che viveva fratel Carlo, a loro si era affezionato, parlava il berbero, la loro lingua, e conosceva la loro cultura.

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Emilio raggiunge a piedi la vetta dell’Assekrem, dove fratel Carlo aveva il suo eremo, il suo rifugio per la meditazione del Vangelo.

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La cappella dove De Foucauld trascorreva ore e ore in adorazione, “come Mosè davanti al roveto ardente”, dice Emilio ai suoi compagni di viaggio.

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Scendono a Beni-Abbès, il primo dormitorio di fratel Carlo. Qui Emilio celebra la Messa.

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Il gruppo si sposta poi a Tamanrasset, sull’altopiano dell’Hoggar, al fortino che Fratel Carlo aveva costruito per proteggere la popolazione dai predoni.

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La sera del 1° dicembre 1916 Fratel Carlo muore, nel fortino di Tamanrasset, ucciso da una banda di predoni.

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È beato dal 2005. Riposa nell’oasi sahariana di El-Golea. Sulla sua tomba Emilio celebra l’Eucaristia.

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Nel deserto del Sahara. Emilio è sul fondo

Nel libro sulle orme di Fratel Carlo, Emilio racconta il suo viaggio all’Assekrem. «Ho visto più volte prostrato nella sabbia del Sahara il giovane autista musulmano che ci conduceva da Tamanrasset all’eremo dell’Assekrem; l’ho visto prostrato in adorazione davanti all’Altissimo e ho pensato a Fratel Carlo, il quale, prima di esser sepolto nella sabbia come martire, trascorreva ore e ore inginocchiato sulla sabbia del deserto in adorazione del mistero eucaristico».

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Il libretto di Pasqua del 1987 è ispirato al sacrificio di fratel Carlo. Per la copertina Emilio ha scelto il volto doloroso del Crocifisso di S. Antimo. Nella lettera agli amici scrive: «A Tamanrasset ho riflettuto a lungo sulla vicenda di Carlo de Foucauld, che irresistibilmente si sentì chiamato a prendere l’ultimo posto, come Gesù di Nazareth, per essere come lui il fratello di tutti gli uomini. Per quesvto si spinse fin nel cuore dell’Hoggar dove fu messo a morte per aver voluto essere solidale, fino in fondo, con il destino d’un pugno di uomini sperduti nel fondo del deserto. Non andò nel deserto per fuggire il mondo ma per meglio gridare con tutta la sua vita e con la sua morte l’amore con cui Dio ama tutti gli uomini, anche quelli che non lo conoscono, anche quelli che non credono al suo amore. Grano di frumento sepolto nella sabbia, in pura perdita. Ma il frutto non s’è fatto attendere. Mistero pasquale che sempre si compie».

“Ho visto più volte prostrato nella sabbia del Sahara il giovane autista musulmano che ci conduceva da Tamanrasset all’eremo dell’Asserem; l’ho visto prostrato in adorazione davanti all’Altissimo e ho pensato a Fratel Carlo, il quale, prima di esser sepolto nella sabbia come martire, trascorreva ore e ore inginocchiato sulla sabbia del deserto in adorazione del mistero eucaristico, un po’ come Mosè davanti al Roveto ardente.”
Emilio Gandolfo